Il tema della descrizione poetica di un’opera d’arte pittorica viene calato da Alessandro Rossi all’interno di una riflessione metodologica legata all’aspetto iconografico. L’autore prende le mosse da una poesia di René Char dedicata a un dipinto di Georges de La Tour, Giobbe deriso dalla moglie. La lettura che ne dà Char si rivela iconograficamente scorretta. Una disamina delle principali interpretazioni dell’opera fa emergere tuttavia come la sua struttura intrinsecamente ambigua attivi un coinvolgimento dell’osservatore più affine alla “meditazione” dell’immagine nel suo insieme, piuttosto che a una concentrazione della mente tesa all’univoca decifrazione dei particolari. Il frammento di Char rientra così nella storia della ricezione del dipinto di de La Tour non come semplice bibliografia non specialistica, ma come eccezionale esemplificazione del potere euristico che talvolta può avere il “fraintendimento”. Il messaggio che Char scorge nel dipinto di de La Tour trascende infatti la specifica iconografia che lo denota, ravvivandola. Ciò dimostra l’utilità di concepire, a fianco di una storia dell’arte costituita da nessi causali, filologicamente accertabili, una storia che proceda per salti, intuizioni, sovrapposizioni e rilanci. L’esempio apportato comprova così la tesi benjaminiana secondo cui “la storia dell’arte è una storia di profezie”.
“… Più di un coccio per grattarsi le ferite”. Quando la pittura infiamma la scrittura: Georges de La Tour e René Char
Alessandro Rossi
2022-01-01
Abstract
Il tema della descrizione poetica di un’opera d’arte pittorica viene calato da Alessandro Rossi all’interno di una riflessione metodologica legata all’aspetto iconografico. L’autore prende le mosse da una poesia di René Char dedicata a un dipinto di Georges de La Tour, Giobbe deriso dalla moglie. La lettura che ne dà Char si rivela iconograficamente scorretta. Una disamina delle principali interpretazioni dell’opera fa emergere tuttavia come la sua struttura intrinsecamente ambigua attivi un coinvolgimento dell’osservatore più affine alla “meditazione” dell’immagine nel suo insieme, piuttosto che a una concentrazione della mente tesa all’univoca decifrazione dei particolari. Il frammento di Char rientra così nella storia della ricezione del dipinto di de La Tour non come semplice bibliografia non specialistica, ma come eccezionale esemplificazione del potere euristico che talvolta può avere il “fraintendimento”. Il messaggio che Char scorge nel dipinto di de La Tour trascende infatti la specifica iconografia che lo denota, ravvivandola. Ciò dimostra l’utilità di concepire, a fianco di una storia dell’arte costituita da nessi causali, filologicamente accertabili, una storia che proceda per salti, intuizioni, sovrapposizioni e rilanci. L’esempio apportato comprova così la tesi benjaminiana secondo cui “la storia dell’arte è una storia di profezie”.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.